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Affitti durante l'emergenza covid

Inadempimento contratti di affitto durante emergenza covid

Inadempimento dei contratti di affitto ad uso commerciale (uso diverso da quello abitativo) alla luce degli effetti conseguenti alle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza covid.

Nell’attuale scenario caratterizzato da limitazioni e stringenti divieti, appare opportuno valutare se, per i conduttori di immobili ad uso diverso, sia possibile una particolare tutela giuridica alla luce delle misure assunte per contrastare l’epidemia di Coronavirus, contenute nei provvedimenti urgenti adottati in queste ultime settimane dal Governo.

La questione non è semplice, né di immediata soluzione e, recentemente al quadro normativo di riferimento, si è aggiunto l’art.91 del Decreto Legge 17 marzo 2020 n.18 (c.d. Decreto Cura Italia) che integrando l’art. 3 del  D.L.23 febbraio 2020 n.6, ha aggiunto il seguente comma 6 bis:

 “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’ applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati adempimenti”.

Tale disposizione – dal carattere generale ma che chiaramente riguarda anche la materia oggetto del presente contributo – ad una prima analisi sembra avere un valore rafforzativo rispetto alle disposizioni previste dall’ordinamento che, lo stesso art.91 del D.L. richiama, senza introdurre delle significative novità.

Pertanto posto che il comma 6-bis non ha previsto alcuna forma di automatismo né di presunzione in ambito probatorio, pur consci di tale disposizione rafforzativa, appare opportuno valutare quanto prevede l’ordinamento prendendo come punto di partenza il DPCM dell’11 marzo che ha sancito la sospensione di attività commerciali ed artigianali.

Infatti, tale misura, potrebbe essere considerata rilevante ai sensi dell’art. 1256 cod.civ. “impossibilità definitiva e impossibilità temporanea” ritenendo che il divieto di esercitare l’attività determini l’impossibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile, quale prestazione dovuta dal locatore.

La conseguente mancanza degli incassi determina, a cascata, l’impossibilità di adempiere all’obbligazione del conduttore di corrispondere il canone e ciò per il tempo per il quale duri l’emergenza sanitaria.

Pertanto il conduttore potrebbe essere considerato non responsabile del ritardo nell’adempimento (e ciò anche sulla base del sopra richiamato comma 6-bis).

Si tratterebbe comunque di una posticipazione dell’obbligo e non di una suo venir meno. Ciò infatti potrà avvenire solo qualora l’impossibilità perduri fino a quando, considerato il rapporto in corso, non vi sia più obbligo di corrispondere la prestazione del canone. Al contrario, dal momento in cui cessi l’impossibilità, il conduttore sarà tenuto al pagamento dei canoni precedenti non corrisposti.

Si può altresì contemplare il recesso, così come previsto dall’art.27 della legge sull’Equo canone (392/78), il quale prevede che, in presenza di gravi motivi che non consentono la prosecuzione del rapporto, il conduttore può recedere dal contratto di locazione con preavviso di 6 mesi.

Un recesso formulato ai sensi di tale richiamata disciplina appare però una scelta “drastica” (anchè in virtù dell’auspicabile carattere temporaneo della presente emergenza epidemiologica) in quanto comporterebbe la cessazione dell’attività nonchè l’obbligo di corrispondere il canone per il semestre di preavviso peraltro a pieno importo.

Al fine di evitare il pagamento del preavviso di 6 mesi si può altresì valutare l’ipotesi della “eccessiva onerosità sopravvenuta” ai sensi dell’art. 1467 cod.civ. che potrebbe condurre alla risoluzione del contratto da parte del conduttore. Ciò sempre che il locatore, di fronte alla richiesta di risoluzione, non “offra di modificare equamente le condizioni del contratto.” Anche in questo caso, tuttavia, va considerata la non definitività della situazione di crisi che determina l’eccessiva onerosità.

Un’altra possibile via è quella di far valere “l’impossibilità parziale sopravvenuta” come prevista dall’art. 1464 cc. Tale disposizione è di particolare interesse prevedendo la possibilità della riduzione della prestazione del conduttore. In una siffatta prospettiva si dovrebbe ritenere la prestazione della parte locatrice parzialmente impossibile (a causa dei divieti e delle limitazione imposte) e da ciò far derivare il diritto di ottenere la riduzione del canone.

In conclusione del presente contributo, privo di alcuna pretesa di esaustività, si ricorda, anche per meglio comprendere i termini della questione analizzata, che l’art. 65 del Decreto Legge  18 marzo 2020 (c.d. Decreto Cura Italia) al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica ha previsto che “ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1”.

In ogni caso, qualunque strada si decida di percorrere – auspicabilmente con l’assistenza di un professionista che dovrà valutare le peculiarità del caso concreto ed analizzare in primis il contratto di locazione- è opportuno trovare un accordo bonario con il locatore, all’occorrenza attivandosi senza indugio e formulando una proposta o, in alternativa analizzare se procedere per la via giudiziale (previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria per legge in materia di locazione), tenendo sempre in primaria considerazione il fatto che l’”autoriduzione” del canone o la sua sospensione non concordata, espone il conduttore al concreto e grave rischio di un’azione di sfratto.


Inadempimento contrattuale – doveri e diritti del debitore :

– Situazione di emergenza COVID ed art. 91 DL n.18-2020

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