Covid – In questo periodo di perdurante lockdown mi sento spesso chiedere se le previsioni di limitazione alla libera circolazione delle persone e le sanzioni pecuniarie comminate nel caso di violazione delle stesse siano o meno legittime e quindi, in sostanza, se vadano rispettate.
La questione circa la legittimità costituzionale delle misure governative che a partire dal Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6, via via sono intervenute per limitare fortemente diritti fondamentali, quali in particolare, ma non solo, il diritto alla libertà personale (art.13 Cost.) ed il diritto alla libertà di circolazione art. 16 Cost.), non è affatto di poco conto ed inevitabilmente in dottrina si sta sollevando più di qualche -fondato – dubbio.
Tra i vari interrogativi che stanno emergendo richiamo quello volto a stabilire se sia legittimo limitare diritti fondamentali garantiti dalla Carta Costituzionale con dei DPCM che sono atti amministrativi (seppur attuativi di un Decreto Legge) e ciò con particolare riguardo al diritto alla libertà personale che, sancito dall’art. 13 della Costituzione, prevede che può essere limitato solo con “atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
Pertanto la legittimità costituzionale degli interventi governativi non appare indubbia, e del resto avendo riguardo alla assoluta eccezionalità – e si auspica irripetibilità – di quanto avvenuto ciò non stupisce oltremodo (per un corposo quanto interessante approfondimento sul tema consiglio il seguente articolo http://www.questionegiustizia.it/articolo/emergenza-sanitaria-dubbi-di-costituzionalita-di-un-giudice-e-di-un-avvocato_14-04-2020.php).
Ciò detto, deve essere chiaro che, seppur dinnanzi a dubbi di legittimità costituzionale, le previsioni di contenimento COVID-19 vanno rispettate.
Nello specifico le limitazioni alla circolazione e le sanzioni in parola sono attualmente previste dal Decreto Legge 25 marzo 2020 n.19 e dal DPCM 10 aprile 2020 nonché dalle numerose Ordinanze Regionali che sono intervenute con misure di contenimento più restrittive.
Quindi, premesso che allo stato non appare affatto opportuno, né in alcun modo consigliabile, fare affidamento su qualsivoglia illegittimità della previsione Governativa, è doveroso, anche sulla base di principi di responsabilità civica, rispettare quanto previsto dal DPCM 10 aprile 2020 e dalle misure regionali; uscendo nei soli casi consentiti e peraltro elencati dall’art. 1 del D.L. 25 marzo 2020 (i casi che sono riportati nell’ultima versione dell’autodichiarazione di cui siamo tutti in possesso).
Ma cosa fare se ci si vede comminare una sanzione per violazione del DPCM nel caso in cui si ritenga di essere usciti per un motivo rientrante tra quelli consentiti?
Non sarà infatti sfuggito come sulla stampa nazionale si sia evidenziato che, talvolta, gli Agenti accertatori sono incorsi in macroscopici errori di valutazione. Tra i casi più recenti si può fare riferimento ai genitori toscani sanzionati mentre accompagnavano la figlia minorenne ad un controllo post-trapianto, vicenda che si è poi fortunatamente conclusa positivamente con l’annullamento della sanzione. O ancora al Collega di Pescara sanzionato perché rientrava dal proprio studio professionale in orario giudicato troppo tardo, oppure a sanzioni comminate per acquisti alimentari considerati non idonei e svariati altri casi che, giustamente, hanno catturato l’attenzione dell’opinione pubblica e hanno generato condivisibile stupore.
E’ chiaro che, da un lato gli Agenti accertatori sono chiamati a valutare con grande attenzione e senza alcuna forma di ingiustificato zelo (ad esempio sindacare sulla spesa alimentare effettuata dal cittadino può rientrare in questo caso) le singole condotte dei cittadini, e che, di converso, i cittadini sono chiamati ad un forte impegno di autoresponsabilità, ma è anche inconfutabile il fatto che la previsione di cui al DPCM 10 aprile 2020 si prestano a svariate interpretazioni.
Basti pensare alla definizione di “comprovate esigenze lavorative” oppure ancora al significato di “situazioni di necessità” con una formulazione tanto altisonante quanto difficilmente determinabile nel contenuto.
In questo quadro possono aiutare le FAQ Ministeriali (http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa) che sono intervenute per chiarire alcune problematiche emerse, ma che non possono prevedere la sterminata serie di casi riscontrabili in concreto.
FAQ che, peraltro, a loro volta possono essere fonte di dubbi interpretativi e sul punto basta avere riguardo al concetto di “prossimità della propria abitazione” relativo all’attività motoria consentita.
Pertanto, qualora riteniate di aver subito un’ingiusta sanzione per violazione delle misure di contenimento sulla circolazione (ricordo che la sanzione va da 400 a 3.000 euro con la maggiorazione di 1/3 qualora la violazione sia commessa mediante l’utilizzo di un veicolo), dalla data della contestazione o notificazione della violazione decorrerà il termine di trenta giorni per contestarla.
Tale contestazione dovrà essere effettuata mediante l’invio (con Racc. a/r o a mezzo PEC) di una memoria alla Prefettura competente (o altra Autorità competente indicata e pertanto – come sempre – il Verbale andrà letto ed analizzato con massima attenzione!); con la riferita memoria si potranno produrre ulteriori documenti che non si sono potuti produrre in sede di accertamento e altresì chiedere di essere sentiti.
E’ evidente, ma è comunque opportuno sottolinearlo, che qualora aveste già pagato la sanzione – ad esempio mediante strumenti di pagamento elettronico al momento della contestazione – essa non potrebbe più essere contestata.
Il Prefetto, se non dovesse ritenere di archiviare la procedura, dovrà emettere, nel termine di 5 anni (sì, proprio 5 anni), l’ordinanza ingiunzione e notificarla. Entro 30 giorni dal ricevimento della notifica dell’ordinanza, essa potrà essere impugnata dinnanzi al Giudice di Pace territorialmente competente del luogo dove è stata commessa l’infrazione.
Questo chiaramente sempre nel caso di violazione delle misure di contenimento relative alla circolazione non rientranti nel caso di violazioni dell’obbligo di quarantena per soggetti Covid-positivi che costituiscono tutt’ora un reato.
Infine va ricordato che Il D.L. 19 dello scorso 25 marzo ha depenalizzato le violazioni delle misure di contenimento relative alla circolazione commesse fino a quella data (decisione opportuna visto che in caso contrario si sarebbe andati incontro ad un inevitabile sovraccarico delle Procure). In sostanza per chi ha violato le regole in precedenza – sempre che non si tratti del caso più grave della violazione della quarantena- è prevista la sanzione ridotta di 200 euro.
Avv. Matteo Fochesato